L'ipertensione è una subdola insidia per la salute, responsabile di gravi malattie!

Da Famiglia Cristiana n. 3-2012:

Bisogna essere consci della sua pericolosità e imbrigliarla con tempestività
per non complicarsi l'esistenza
Killer silenzioso. Così gli anglosassoni hanno bollato l'ipertensione arteriosa, un'insidia per la salute. Tanto pericolosa quanto subdola, perché non avverte
con clamore della sua presenza. Colpisce spesso all'improvviso e, allora, possono essere guai: le si imputa, infatti, la responsabilità del 47 per cento
delle cardiopatie ischemiche e del 54 per cento degli ictus cerebrali. Nel nostro Paese ci sono almeno 15 milioni di ipertesi: numerosi studi hanno dimostrato
che sarebbe sufficiente abbassare anche di poco la pressione del sangue per ridurre fino al 40 per cento le conseguenze più dannose. Eppure, nonostante
ci siano varie terapie affidabili ed efficaci, solo il 50 per cento di quelli che sanno di avere la pressione alta si cura, e solo la metà di questo 50
per cento lo fa con lo scrupolo richiesto. A suggerire le mosse giuste per mettere il silenzioso killer in condizione di non nuocere, ci pensa uno dei
più autorevoli specialisti in materia: il professor Alberto Morganti, docente dell'Università degli Studi e direttore del reparto di medicina interna dell'Ospedale
San Giuseppe di Milano, già presidente della Siia-Società italiana dell'ipertensione arteriosa.
Professor Morganti, cos'è l'ipertensione?
«E' un fattore di rischio, come la sedentarietà, la cattiva alimentazione, il fumo, l'alcol, il colesterolo alto, il peso eccessivo, il diabete, l'ereditarietà,
che può favorire l'insorgere di una malattia seria, dall'infarto all'ictus cerebrale, dall'insufficienza renale alla demenza senile. Insomma, un iperteso
di per sé non è un malato vero e proprio, ma l'avere la pressione alta gli comporta una maggiore probabilità di ammalarsi seriamente rispetto alle persone
che non presentano né questo, né altri fattori di rischio. Da non sottovalutare, tra l'altro, la pressione alta in gravidanza: può compromettere la salute
del nascituro e complicare l'esistenza della mamma anche dopo il parto. Abbassando la pressione ed eliminando nel contempo, se ci sono, gli ulteriori rischi,
si riducono i pericoli».
Perché viene la pressione alta?
«Nell'80-85 per cento dei casi c'è una predisposizione genetica, ereditata dai familiari: chi ha uno o entrambi i genitori ipertesi ha molte probabilità
di diventarlo lui stesso in età adulta. Si parla, allora, di ipertensione primaria o essenziale. Nel restante 15-20 per cento dei casi, la pressione alta
dipende dalla disfunzione di specifici organi, per esempio i reni, le ghiandole surrenali, la tiroide. E' questa la cosiddetta ipertensione secondaria,
dalla quale, a differenza di quella primaria, si può guarire rimuovendo la causa con gli opportuni rimedi. Non è, invece, possibile cambiare ciò che è
geneticamente determinato: la guarigione presupporrebbe la manipolazione della struttura genetica e si entrerebbe, quindi, in un'area della medicina non
ancora percorribile. Disponiamo però di potenti farmaci che permettono, se la cura viene seguita con assiduità e precisione, di tenere sotto costante controllo
i valori pressori diminuendo, di conseguenza, il livello di rischio: in tal modo, il paziente iperteso ha le stesse probabilità della persona normotesa
di incappare in una grave malattia. E' dunque fondamentale non trascurare la terapia, pena la progressiva risalita della pressione».
Ciononostante, una congrua percentuale di ipertesi non si cura. Come mai?
«Non è facile assuefarsi all'idea di una cura destinata a durare per sempre. Soprattutto se si ritiene che, prendendo di fatto sostanze chimiche tutta la
vita, gli effetti positivi siano controbilanciati dagli aspetti negativi. Tuttavia, l'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità dei farmaci a disposizione
sono tali, come è comprovato da lunghe ricerche e sperimentazioni cliniche, che il rifiuto è più psicologico che fisico. E' sì vero che certi medicinali
possono dare luogo a effetti collaterali indesiderati: per esempio, tosse gli ace-inibitori, lievi gonfiori agli arti i calcioantagonisti, squilibri elettrolitici
o innalzamento della glicemia i diuretici. Ma il medico curante, che conosce bene i suoi pazienti, è in grado di prescrivere i medicinali adatti».
Secondo i dati della Siia, un iperteso su quattro ignora di esserlo. Superficialità o sintomi sfuggenti?
«L'ipertensione può passare inosservata per anni. Non è che non lanci segnali, per esempio difficoltà di concentrazione, frequenza cardiaca più elevata
del normale, mal di testa, sensazione di affanno anche dopo sforzi modesti. Ma si tratta di sintomi che, spesso, vengono associati ad altro. E' solo quando
un iperteso viene curato e i sintomi in questione regrediscono, che ci si rende conto che dipendevano dalla pressione alta. Ecco perché è importante sensibilizzare
l'opinione pubblica sull'insidiosità del fenomeno. Ed è per questo che, in occasione dell'annuale Giornata mondiale dell'ipertensione, la Siia promuove
iniziative di informazione e monitoraggio in molte città italiane. Avere la pressione alta, oltretutto, non è una faccenda solo per vecchi, ma riguarda
pure bimbi e adolescenti, giacché ci può essere una predisposizione fin dalla più tenera età. Occorre, pertanto, sottoporre anche i ragazzi a controlli
periodici della pressione per evitare brutte sorprese dopo».
Quanto incide lo stile di vita sulla pressione?
«E' importantissimo sia sul fronte della prevenzione, sia su quello della cura, al punto che a sostegno di qualsiasi terapia ci deve essere il raddrizzamento
di abitudini scorrette. A cominciare dall'alimentazione. Il primo provvedimento è ridurre il consumo del sale per condire, meglio del sodio in esso contenuto,
perché più se ne ingerisce, più la pressione tende a salire. In media, si consuma quasi il doppio della dose necessaria per soddisfare il fabbisogno fisiologico
quotidiano. Come tagliare? Non salando i cibi a tavola, se lo si è fatto cucinandoli o se sono già salati di per sé. Oppure usando sale in cui al posto
del sodio c'è il potassio, che è antipertensivo. Il secondo provvedimento è contenere l'apporto di calorie per non diventare sovrappeso, perché c'è uno
stretto collegamento tra peso corporeo e pressione: secondo alcuni studi, la colonnina di mercurio dello sfigmomanometro sale di un millimetro per ogni
chilo in più. Una relazione da allarme rosso, quella tra peso e pressione, se i chili di troppo sono dovuti a depositi di grasso prevalentemente nel giro
vita e nell'addome: nel tessuto adiposo addominale, tra l'altro, si accumulano e si degradano proteine che hanno forti effetti sul metabolismo e la circolazione
del sangue. Anche eccedere con gli alcolici incentiva l'ipertensione. Il caffè è stato messo sovente sul banco degli imputati, ma il suo effetto è temporaneo
e, se è un espresso all'italiana e non si esagera con il numero di tazzine, non fa danni. Un altro caposaldo di uno stile di vita appropriato è l'attività
fisica: basterebbe camminare un'oretta tutti i giorni a passo svelto per stare tranquilli con cuore e arterie. E non va sottovalutato il sonno: dormire
circa 8 ore per notte ha un riflesso positivo sulla pressione, di meno o di più incide negativamente, accrescendo il rischio di infarto e di altre malattie
nefaste».